Cosa mi succede quando una persona a me cara sta male? Spesso l’affetto che provo mi porta a immedesimarmi nella sua situazione e immaginare quello che potrebbe provare. Si tratta di empatia, è normale.
Se la persona cara non è tanto vicina a me, al massimo le auguro di riprendersi, di migliorare, di guarire o quella che mi sembra la migliore situazione per lei e poi vado avanti per la mia strada. Ma, se la persona cara è qualcuno che mi sta molto vicino, è più facile che quella semplice empatia si trasformi in una identificazione più permanente. E così mi ritrovo a soffrire insieme a lei, anche se io non ho nessun problema di quel tipo. A volte riesco anche ad ammalarmi di qualcosa. E la persona cara non ne giova affatto. Si tratta di un circolo vizioso che mi incatena a una spirale di sofferenza dalla quale non è affatto facile uscire. Posso arrivare perfino a irritarmi molto e colpevolizzare la persona che sta male, anche per la mia sofferenza. Curiosa forma della coscienza umana per trovare una via di uscita.
Non parlo per sentito dire e non dico di riuscirci ogni volta che vorrei, ma questo circolo vizioso si può riconvertire in un circuito di benessere che cresca per entrambi. L’ho sperimentato prima con le persone care più distanti da me e poi con quelle molto care ma distanti fisicamente. Ho iniziato, cioè, a pensare a loro almeno una volta al giorno, da quando sono stata informata del loro disagio. Ho pensato alla loro situazione, al loro problema, al loro malessere, fino a sentire quel filo di empatia che si produce quando riesco a mettermi nei panni di qualcun altro. A quel punto ho respirato profondamente e ho lasciato svanire quella immagine. Quindi ho iniziato a immaginarmi una situazione di benessere per loro, la migliore situazione che avrei potuto immaginare e ho cercato di immedesimarmi fino a che l’empatia non ha compiuto la sua funzione. Fino a che non ho sentito una reale sensazione di benessere dentro di me. Allora mi sono augurata, con tutto il cuore, che quella sensazione raggiungesse anche quelle persone care. Non so se ciò è accaduto in qualche modo, a volte ne ho il sospetto, ma certamente questa pratica semplice mi ha rafforzato e, quando ho incontrato di nuovo quelle persone, la loro presenza ha evocato in me quel sentimento positivo ed espansivo che ho conservato nella mia memoria. Ciò che ho cercato di inviare, con certezza mi è tornato indietro.
Fare questo con le persone molto vicine, affettivamente e fisicamente, è molto più difficile. La distanza spaziale e temporale si accorcia e il boomerang emotivo è molto più veloce.
Ma vale sempre la pena provarci.
Nota: Questo articolo è ispirato alla Cerimonia di Benessere inclusa nel libro Il Messaggio di Silo.
Io anche uso questo tipo di precauzione. Dico ciò perché forse è solo una coincidenza che dall’altra parte guarisce. Però vorrei chiederti una cosa hai letto qualcosa degli aborigeni?
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