Scritto ispirato dal poema Frühlingsglaube di Ludwig Uhland (1787 – 1862) e dall’ascolto dell’album Tredici canzoni urgenti di V. Capossela
Prima guardavamo la TV e un po’ ci riconoscevamo.
Certo, non tutto ci rappresentava. Ho detto un po’.
Poi sono iniziate le notizie in coro,
tutti quanti in un coro sguaiato.
E non ci riconoscevamo più.
Non ci rappresentavano più i notiziari.
Non ci rappresentavano più i programmi culturali.
Ma neanche quelli di cucina e il meteo.
Spenta la TV. Buttata via
dalla finestra.
Allora le notizie le abbiamo cercate altrove.
Nei canali, nei siti, nelle onde dissidenti
e, a dir loro, indipendenti.
Abbiamo trovato voci amiche, voci sobrie e
voci esagerate.
Tante voci, tutte le voci.
Quelle intonate e quelle stonate.
Ma alla fine anche tutte queste voci hanno stufato.
Stanchi di sentire accuse e denunce,
stanchi di verità negate e di verità rivelate.
Stanchi.
Allora siamo usciti e abbiamo visto la vicina di casa.
E l’abbiamo salutata come se non fosse successo niente.
Abbiamo sorriso.
Siamo usciti per strada e abbiamo visto un signore
con la mascherina…ancora!
La giovane donna col cagnolino.
Il ragazzo con la musica in cuffia.
I piccoli sfrecciare sul monopattino.
Le macchine con quelli nascosti dentro.
L’asfalto rotto.
I fiorellini incerti sul bordo della strada
e gli alberi.
Gli alberi con le fronde che frusciano nel vento fresco
della primavera che si attarda.
Si attarda.
Ma arriverà, questo è certo.